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Il delitto con coetaneo e le giovani generazioni

Beata incoscienza è un modo di dire che si è sempre usato quando si aveva a che fare con delle persone anziane che si rivolgevano o parlavano di giovani, o per meglio dire di ragazzi e ragazze che ancora non si erano affacciati al mondo delle responsabilità più o meno adulte. Oggi ritorna, anche se sotto una accezione negativa, per un caso di cronaca che sta facendo per molti versi inorridire genitori e adolescenti, anche se più i primi che i secondi: il ragazzo che ha ucciso i genitori con l’aiuto di un complice suo coetaneo.
Quello che davvero fa impressione è che si è riusciti a convincere un ragazzo a compiere un gesto criminale per un anticipo di 80 euro con la promessa di altrettanti 920 euro. In totale mille euro. Tanti o pochi che siano, è pur sempre un atto criminale quello che è stato compiuto. E un ragazzo non se ne è letteralmente reso conto, perché se avesse avuto anche solo un barlume di raziocinio, non avrebbe accettato. Innanzitutto perché si può credere di farla franca con la polizia, ma ci vuole una mente criminale davvero acuta più che esperta per riuscirci fino in fondo. Davvero si può credere di metterla nel sacco alla polizia come si può credere di metterla nel sacco ad una selezionatrice di personale durante un colloquio di lavoro dopo aver palesemente falsificato i propri titoli di curriculum e non avere minimamente l’aria di uno che ne sa come ha detto nel suo foglio di presentazione ufficiale? Secondariamente la vita umana dovrebbe avere un valore, altrimenti uccidere sarebbe un atto più comune e meno sanzionato e con meno gravità. Quindi lo stupore e la vergogna sarebbero minori e non cosi palesi.
Alla fine del conto, quello che davvero scoccia, senza fare di tutta l’erba un fascio, è che una certa fetta delle giovani generazioni non si rende conto di quello che sta creando come precedente per tutti gli altri contemporanei e successivi. Si tratta in tutto e per tutto di una perdita di valori e di principi base, proprio terra terra. A cui non si dovrebbe e potrebbe mai derogare.

Un giorno che passa e lo svolgimento del Natale

Che il Natale passi è una cosa indubbia, visto che fuori dall’importanza e dalla sacralità della festa si tratta di un giorno dell’anno la cui particolarità è che ci si riunisce tra amici e parenti e si mangia. Passato il giorno in questione, si hanno delle conseguenze sul proprio corpo e sulla propria vita. Si è più ricchi, più o meno, nella pancia e negli oggetti della propria casa. non si sa se si è ricchi nel portafogli, ma si può dire che questo è un particolare variabile.
Il lunedì dopo il 31 di dicembre ricopre sempre una particolarità interessante, perché per nutrizionisti e dietologi è un momento in cui il proprio fatturato aumenta anche se lievemente con tutte quelle persone che hanno deciso di mettersi a dieta proprio da quel giorno. Aver mangiato come idrovore il 24, il 25, il 26 e il 31 è un vero e proprio atto consuetudinario del tempo intorno al 25 di dicembre.
Per il resto cosa rimane del giorno di Natale? Forse qualche soldo, se chi di solito non gioca a tombola nelle sale gioco dove si può giocare tutti i giorni come se fosse un passatempo quotidiano e non un gioco tipico della festività gioca e vince una tombola abbastanza ricca. Ci sono anche tutte quelle persone che col gioco hanno un brutto rapporto perché gli risucchia tutti i propri soldi. Ma per loro bisognerebbe aprire un paragrafo molto ampio dove parlare delle radici da cui questo modo di comportarsi nasce.
Per il resto, questo giorno è un giorno come tutti gli altri. A parte il fatto che è il primo giorno di vita ogni anno da 2016 anni a questa parte di una persona molto importante del tessuto sociale della cristianità.

La fine del 2016 e tutto quello che potrebbe succedere

Tempo di Natale e Capodanno, tempo di bilanci. Chi più chi meno, dopo la sbornia dei regali e delle feste, tirerà le somme dell’anno in corso e trarrà le debite conseguenze. Tanto positive quanto negative. Ma c’è una cosa da cui non si potrà prescindere: non c’è stato un anno tranquillo.
Perfino sotto le feste a Berlino qualcuno ha fatto strage. A Parigi c’è stata una strage a novembre. Ad Aleppo non ne parliamo di quello che è successo. Senza togliere che nel belpaese di terremoti gravi non ce n’è stato uno, ma due. Che ha decimato il più possibile dove già era stato decimato.
Disgrazie a parte, c’è stata l’elezione di Donald Trump e la conseguente copertina di Time come uomo dell’anno. Da poco recente è cambiato il governo in Italia. A giugno gli inglesi hanno deciso di andarsene dall’Europa – e uno dei ministri inglesi è stato soprannominato ministro del prosecco – e da noi, sempre di referendum parlando, la popolazione italiana ha deciso di non accettare la riforma costituzionale – anche se con la puzza di aver voluto cacciare Renzi visto che lo stesso aveva messo sul tavolo le sue dimissioni.
Se questi sono solo alcuni dei fatti che hanno tempestato il 2016, a parte le varie alluvioni e i conseguenti scandali in alcune zone alluvionate come Genova, verrebbe da dire che il 2017 dovrebbe essere una passeggiata di salute, visto che il peggio si è visto. Ma chissà come mai alla fine viene in mente il detto che al peggio non c’è mai limite…

La sfida del regalare e a chi fare veramente un regalo

La necessità di fare un regalo a Natale sinceramente è una cosa che si acquisisce quando si viene a far parte della società. Da bambini lo si prova sulla propria felicità perché adulti e genitori verso di noi si porgono con un regalo. Ma alla fine è una tradizione che dovrebbe avere origine da Santa Klauss. Sembra.
Una semplice riflessione però potrebbe portare a dire che sotto sotto è una usanza consumistica se non sprecona. Perché alla fine chi ci guadagna sono i negozianti, che vedono incrementare le loro vendite. Senza trascurare quei negozi online come Amazon che non possono fare altrimenti che aumentare il loro organico per soddisfare tutte le esigenze della clientela, che sempre più se ne sta seduta forte della propria carta di credito e clicca sul sito.
Ma alla fine qual’è il regalo vero, quello che non fai per sfida regalizia o per dimostrare che tu sei la/il più amata/o o la/il più rispettata/o? Di certo quello che a fatica raggranelli dal tuo portafogli, privandoti di qualcosa nella tua vita di tutti i giorni.
Quindi non si può non dire Auguri solo a tutte quelle persone che oggi riescono a fare un regalo a fatica, se non solo uno, ma anche tutti quelli che di regali non ne possono fare altrimenti la cena della Vigilia e il pranzo di Natale non li possono fare. Dovrebbero essere loro quelli che si meritano qualcosa per Natale da tanti. Mentre regalare alla fine funziona più da sperpero in gara che da atto affettuoso e amorevole.
AUGURI!

Le consultazioni sicure di Mattarella e quelle forse del nuovo premier

Oltre alle consultazioni che il Capo di Stato Mattarella sta facendo, e che si presume finirà entro oggi, bisognerà pensare a quali consultazioni farà l’eventuale nuovo premier. I premier più considerati al momento sono Gentiloni e Renzi con un bis, ma molto probabilmente Renzi non accetterà l’incarico. Ha su di se la sconfitta del Referendum del 4 dicembre scorso. E forse molti all’interno del paese, senza sottovalutare il partito, preferirebbero un nuovo premier.
Quindi Gentiloni? Si può provare a ragionare. Innanzitutto la maggioranza: sarà quella riconosciuta finora oppure qualcuno vorrà salire sul carro del vincitore essendo cambiato il conducente? La cosa non è tanto da ignorare, visto che un uomo diverso da Renzi potrebbe voler dire un appoggio diverso da quello che aveva Renzi.
Poi la tempistica: si riuscirà a creare una squadra di governo riconoscibile e di rottura? Magari la rottura la si può anche eliminare, ma la riconoscibilità si può dire che ci vuole. Perché per lo meno per il disbrigo degli affari correnti ci vogliono dei ministri che facciano il loro lavoro con lo scioglimento della squadra Renzi.
Infine la credibilità: riuscirà Gentiloni, se sarà lui a fare la squadra di Governo, a trovare delle persone che non si aggrappino più del dovuto alle logiche di partito e riescano ad essere un soggetto unico, in quanto governo, che non permetta a Gentiloni di andare dal Capo dello Stato un mese dopo il giuramento e dire che getta la spugna per impossibilità di lavoro? Difficile ma non troppo, visto che di premier nel paese ne abbiamo avuti tanti. E magari la classe politica non crede doveroso verso i cittadini “stringere la cinghia” e provare ad essere statalisti.
Un augurio speciale a Mattarella che non debba dover lavorare più del dovuto, si può dire che è lecito affermarlo, per magagne di altri premier e Capi di Stato prima di lui.

Il Parlamento che collabora e il Capo dello Stato da supportare

La Legge di Bilancio è stata votata senza emendamenti. Ed è un chiaro segno da parte del Parlamento che alla poltrona ci si pensa sempre meno. O ci si pensa a lungo raggio non avendo voluto, come si dice correntemente, marciare sopra la situazione. Adesso da parte del Parlamento non ci si può che aspettare della collaborazione verso il Capo dello Stato, che oggi più di prima ha bisogno di tutto l’aiuto per cercare di venire al bandolo della matassa senza troppi strappi o troppe lacerazioni del tessuto sociale del paese. Perché non si può evitare di dire che con questo voto si apre la crisi di Governo. Si apre uno scenario in cui Renzi ha detto stop alla sua azione di Presidente del Consiglio e ha dato tutto il potere nelle mani del Capo dello Stato, il quale in tutto e per tutto ha la patata bollente in mano e deve assolutamente trovare qualcuno che lo aiuti a riprendere in mano le sorti del paese tanto internamente quanto esternamente, visto che prima o poi l’Europa verrà a bussare alla porta e chiederà spiegazioni di una manovra di Bilancio totalmente sballata rispetto alle richieste e alle aspettative, che sono due cose ben diverse.
Uno scenario è vedere nuovamente Renzi alla guida del governo, ma abbastanza indebolito e molto traballante verso il paese. Che bisogna sottolinearlo non è tutto contro di lui. Ma in cui non ha più la maggioranza. E la popolazione italiana per prima se n’è resa conto, senza magari averlo saputo prima.
Questa consapevolezza è talmente grande che chiunque verrà dopo, se Renzi o meno, o cosa verrà dopo, nuovo governo o elezioni ma probabilmente più nuovo governo, dovrà tenerne conto. Tanto se dall’opposizione senza una vera maggioranza, quanto dalla maggioranza con una forte opposizione.

La legge di Bilancio da approvare e le conseguenze spicciole

L’approvazione della Legge di Bilancio prima delle dimissioni di Renzi è tanto una cosa positiva quanto una cosa negativa. Perché se dal lato positivo il Governo non si scrolla di spalla tutto quello che ha fatto finora e mette il paese nelle condizioni di essere per lo meno pilotato a distanza dal Capo dello Stato e da qualche suo fedelissimo, dal lato negativo si potrebbe incorrere nelle ire dell’Europa che già prima del Referendum aveva detto chiaramente che questa Legge Finanziaria, o Legge di Bilancio dir si voglia – cambiano i nomi ma nella sostanza le cose sono sempre le stesse cose – non andava bene. Tutto si starà a vedere se, anche se molto probabilmente sarà cosi, gli emendamenti conteranno qualcosa o se per la necessità dello stretto necessario li si lascerà da parte per accelerare la promulgazione e la messa in opera di tutte le direttive.
La prima domanda che viene in mente è: chi si farà carico di spiegare la cosa in Europa, pur avendo ottenuto un poco di tempo per cercare chi dovrà spiegare in quanto esecutivo effettivo? Nessuno vorrebbe essere nei panni di chi dopo Renzi dovrà spiegare una manovra finanziaria infagottata fino all’inverosimile di bonus e controbonus. La seconda domanda parte da un presupposto già noto: ma il Presidente Mattarella le dimissioni di Renzi le accetterà veramente o come si potrebbe pensare le accetta e poi rifà fare il governo a Renzi? Solo il tempo potrà svelarlo…

Le occasioni del paese e la passività degli spettatori

Il primo passo per un buon paese, si potrebbe ipotizzare, è avere una buona trasmissione sinergica di tutto quello che deve passare alla gente. Partendo dalla televisione fino ad arrivare a internet. Abbiamo esperienze alle spalle in cui la comunicazione, o per meglio dire la trasmissione di informazioni, ha assunto forme oltre che funzionali anche persuasive e motivanti. La questione a questo punto è come mai non si abbandonano certi “vizietti” per dare alla gente l’occasione di non stare comoda davanti allo schermo o al televisore e assimilare tutto quello che viene passato.
Non ci si deve dimenticare che principalmente il grado di civiltà di una popolazione passa anche da quanto la gente è attiva nelle questioni del paese. Come nel caso di questo referendum. In cui si è visto un Presidente del Consiglio fare esattamente come ha fatto il suo predecessore storico del momento, cioè Silvio Berlusconi, spalmandosi letteralmente su tutti i possibili salotti e manifestazioni. Con le telecamere dei principali telegiornali e mezzi di comunicazione pronti a carpire ogni minima sillaba del suo parlare.
Se fossimo veramente vaccinati dal passato recente, cercheremmo di fare qualcosa contro questo dilagare di presenzialismo. Cercheremmo di essere meno passivi e più attivi di fronte alle cose del paese. E invece siamo sempre i soliti stravaccati sul divano a prendere tutto quello che passa lo schermo. Ma se togliessimo il divano da sotto il sedere delle persone qualcosa cambierebbe?

Il lavoro in Italia e un modo di fare impresa

Di per se la difficoltà di una impresa per generare lavoro tra le maggiori quale può essere? La tassazione? La burocrazia? I lavoratori?
Più o meno hanno tutte la loro importanza e il loro peso. Ma forse ne manca una: la sfiducia. Che volendo racchiude tutte e tre le precedenti. E a conti fatti è quella più difficile da affrontare. Perché se sono le tasse le puoi modulare. Se è la burocrazia puoi semplificare male o bene non importa. Se è il lavoratore metti le imprese in condizioni di poterne assumere magari drogando il mercato, ma solo se necessario e a livelli determinati. Ma la summa di tutte e tre, con forse qualcosa di più, come la combatti?
Non ci si può meravigliare se sempre più prende piede la delocalizzazione dove il costo del lavoro è accettabile e i lavoratori non rompono troppo le scatole con pretese sindacali alle volte pindariche. Ma una cosa come questa bisogna sconfiggerla, in qualche modo. Non si può sentire persone che dicono che impresizzare in Italia è assurdo.
E magari si possono fare due passi precisi per aiutare la cosa: Responsabilizzare e vincolare. Il primo verbo comporta da parte dell’imprenditore la condotta per cui in una dichiarazione dei redditi da artigiano non ci metti la ferrari o il villone in detrazione, anche se te li puoi permettere. Il secondo verbo dice una cosa semplice: tu imprenditore magari la puoi avere vinta su molti aspetti, ma rimani in Italia e dai lavoro alla gente. E non te ne vai a zonzo dove conviene meglio fare società e impresa.

Il voto americano e la volontà popolare

Questo voto americano sta dimostrandosi turbolento. Principalmente per le proteste che in strada nelle maggiori città americane stanno dando sfogo a quella fetta di popolazione che sicuramente ha votato per Hillary Clinton, visto che non riconoscono il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America regolarmente votato dalla maggioranza del paese.
Una turbolenza questa, che se analizzata sotto un versante differente dal voto in se può mostrare dei particolari interessanti.
Primo fra tutti, anche se i dati confermerebbero con chiarezza, la quantità di gente che è andata a votare. Che bisogna ricordare non è il cento percento, ma la maggior parte della popolazione. Che può coincidere con la totalità in un unico caso, ma per fini di spiegazione si partirà dal fatto che non tutti hanno votato.
Se si prosegue in questa direzione, il passo successivo è ammettere che non si tratta di una maggioranza assoluta quella di Trump, ma di qualcosa di leggermente parziale. Quindi da questo la spiegazione dei cortei in strada e nelle piazze.
Non si vuole con questo inficiare le elezioni. Ma semplicemente dire che Trump partirebbe con il piede sbagliato se cercasse di soffocare la chiamiamola ribellione del popolo americano. Perché quel popolo è anche lui americano. E portatore di un dissenso che se represso potrebbe avere conseguenze anche internazionali molto precise. Se invece si prova a strizzare l’occhio e dare quello che si può definire un contentino le cose potrebbero proseguire bene, se non meglio. Trump ha tutto da perdere, senza nulla togliere la dicitura per cui se è tutto allora è niente, se si mettesse contro la popolazione.
Se c’è una cosa che non si può pilotare a pieno se non con danni a lungo termine è proprio la volontà popolare. Nell’essere accomodante la cosa può andare diversamente, e magari puoi guadagnarci…