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Cronaca: “L’evasione del detenuto e un nuovo sistema carcerario”

Un uomo può commettere un reato. Può essere più o meno catturato dalle forze dell’ordine e poi, dopo debito processo, essere punito per quel reato.
Se si tratta di un reato grave o meno, a cui fanno ammenda le capacità giuridiche del corpo dei giudici che lo condanna gradualizzato al fatto commesso, è una questione fuori da queste righe – anche se avrebbe bisogno di un approfondimento.
Quello che si vuole mettere in evidenza è quanto sia adeguata la eventuale detenzione che un soggetto condannato deve scontare. In soldoni: serve a qualcosa il carcere?
Oggi il killer del catamarano ha fatto di nuovo parlare di se. Soprattutto, e qui si viene incontro, perché è evaso per ben due volte in occasione della sua sentenziata detenzione in carcere. Se un uomo del genere può tranquillamente evadere, e non si tratta di Arsenio Lupin, a che scopo usare il carcere come mezzo di redenzione, se così la si può chiamare?
Molto probabilmente il concetto di condanna dovrebbe essere aggiornato alle nuove realtà. Perché sotto un certo aspetto può essere castrante non solo lo stare in cella, ma magari dover stare a piede libero con innumerevoli privazioni. Cioè costruire un sistema carcerario fuori dalle prigioni, con castrazioni che coinvolgono più della libertà di movimento. Si può partire dai social network fino ad arrivare alla tracciabilità via satellite di ogni singolo detenuto, monitorato giorno e notte nella vita comune.
E oltre a quel monitoraggio si può aggiungere la singola condanna, cioè la privazione singola a cui si deve andare incontro.
Se adesso il sistema sanitario sempre più “dirige” i propri malati da casa loro, non si può oltre ai domiciliari creare nuove forme di detenzione che permettano costi sostenuti del sistema carcerario con i detenuti fuori dal carcere?